
C’era un tempo in cui i cali di mercato facevano scattare il panico: grafici in rosso, corse a vendere e portafogli svuotati in fretta e furia. Oggi, invece, sempre più investitori scelgono di reagire in modo opposto. Quando i prezzi scendono, non scappano: comprano. È la filosofia del “Buy the Dip”, una strategia che consiste nell’acquistare titoli durante i ribassi e che, dalla pandemia in poi, è diventata un vero e proprio fenomeno.
La diffusione delle app di trading a zero commissioni e l’ingresso sul mercato di una generazione di investitori che non ha mai vissuto crolli lunghi e dolorosi come quello della bolla dot-com hanno accelerato questa trasformazione. Per molti giovani risparmiatori, i cali di breve periodo non sono una minaccia, ma un’occasione per entrare a prezzi più convenienti.
I numeri di una rivoluzione
Gli esempi recenti raccontano bene il fenomeno. Dopo il cosiddetto “Liberation Day” di aprile, quando il timore di nuovi dazi globali ha fatto vacillare Wall Street, l’indice S&P 500 non solo ha recuperato le perdite, ma in appena un mese ha chiuso con un rialzo del 14,6% rispetto ai livelli pre-crisi.
Un recupero lampo, che si inserisce in una tendenza più ampia. Basti pensare al 2020: il crollo più rapido e profondo dell’era moderna è stato riassorbito in meno di sei mesi. Una dinamica impensabile nei primi anni Duemila, quando servivano sette anni per riprendersi dalla crisi tecnologica. La differenza? Una base crescente di investitori convinti che ogni flessione sia, in realtà, un’occasione.
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Lo sguardo della ricerca
Ma il “Buy the Dip” funziona davvero? Una ricerca pubblicata nel 2023 su European Financial Management ha analizzato i dati dal 1994 al 2020, con un risultato interessante: la strategia non supera i rendimenti di un investimento totalmente passivo, ma ha altri vantaggi.
Innanzitutto riduce in modo significativo la volatilità e i cosiddetti drawdown, cioè le perdite massime durante i ribassi. In altre parole, rende il percorso dell’investitore più lineare e psicologicamente più facile da sopportare. Inoltre, emergono differenze geografiche: se negli Stati Uniti il “Buy the Dip” può tradursi in un patrimonio fino al 20% inferiore rispetto al semplice “comprare e tenere”, in Europa – e in Italia in particolare – la penalizzazione è molto più contenuta.
Psicologia, più che matematica
Alla fine, il vero punto di forza del “Buy the Dip” è la dimensione psicologica. Comprare nei momenti di ribasso dà la sensazione di “fare l’affare”, di approfittare di uno sconto. Questo approccio aiuta soprattutto i piccoli risparmiatori a non farsi prendere dal panico, evitando il classico errore di vendere proprio quando i mercati scendono.
Per i ricercatori, è anche un modo per democratizzare la finanza: con disciplina e costanza, i piccoli investitori possono ottenere risultati paragonabili a quelli dei professionisti, senza grandi competenze tecniche e senza costi elevati. La vera chiave non è azzeccare il momento perfetto, ma restare sul mercato e allocare capitale in modo continuo, anche quando il clima sembra sfavorevole.
In definitiva, più che una tecnica per massimizzare i guadagni, il “Buy the Dip” è un approccio che cambia il rapporto con la volatilità e rende più sostenibile il viaggio dell’investitore nel lungo periodo.
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