Meglio investire tutto in azioni Usa: provocazione o solida realtà?

"Dovresti fare all in nelle azioni?" è il titolo di un provocatorio, ma neanche troppo, approfondimento a firma Robin Powell di The Evidence-Based Investor, che richiamando un recente studio universitario rilancia la conclusione che una strategia di investimento che prevede l'allocazione del 100% del proprio patrimonio in azioni Usa, senza alcuna presenza di obbligazioni, potrebbe essere la scelta ottimale, anche per gli investitori già in pensione. Un titolo provocatorio, di sicuro, ma fino a un certo punto visto che trova solide base accademiche sul fatto che alla prova della storia le azioni statunitensi offrono rendimenti azionari interessanti in un'ottica di lungo periodo.

Il report accademico  

Di fatto il recente studio dal titolo Beyond the Status Quo: A Critical Assessment of Lifecycle Investment Advice e firmato da tre professori universitari statunitensi (Scott Cederburg della University of Arizona, Aizhan Anarkulova della Emory University, e Michael S. O’Doherty della University of Missouri) ha ribaltato le tradizionali strategie di investimento legate al peso delle azioni in portafoglio in funzione dell'età dell'investitore. Uno studio su un milione di simulazioni ha confrontato diverse strategie d’investimento per accumulare risparmi e affrontare la pensione. Investire il 100% in azioni ha prodotto, in media, il 30% in più di ricchezza rispetto a portafogli misti e un minor rischio di esaurire i risparmi. In particolare, una combinazione di azioni domestiche e internazionali ha ridotto significativamente il rischio, evidenziando che le obbligazioni non sono sempre necessarie per la sicurezza finanziaria a lungo termine.
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Tema caldo indipendentemente dall'età dell'investitore

Che quello se investire al 100% in azioni Usa sia un tema sempre caldo, soprattutto in fasi come quelle attuali in cui gli indizi azionari sono orientati continuamente al rialzo, lo dimostra il fatto che sia stato affrontato anche da un nome importante nell'informazione economica mondiale come The Economist. In un articolo dal titolo "Should you put all your savings into stocks?", i suoi esperti hanno approfondito il tema aggiungendo allo studio condotto da Anarkulova, Cederburg e O’Doherty, i risultati di altri ricercatori, come Ayres e Nalebuff della Yale University, che avrebbero proposto persino di utilizzare la leva finanziaria per acquistare azioni se si è investitori in giovane età, approfittando del potere della capitalizzazione a lungo termine.

Ma si può davvero fare a meno della diversificazione?

Tuttavia, The Economist ha riportato anche i punti deboli di questo approccio basato sull'investire il portafoglio al 100% su azioni Usa. Ha citato critici come Cliff Asness di AQR Capital Management che ha esplicitato che, pur offrendo rendimenti potenzialmente più elevati, un portafoglio interamente azionario comporta rischi maggiori. Asness ha ad esempio suggerito che l’uso della leva su un portafoglio ben bilanciato potrebbe offrire rendimenti più alti con la stessa volatilità. Inoltre, la diversificazione tra asset class diverse, come obbligazioni, immobili e azioni internazionali, non solo può mitigare le perdite in fasi di ribasso del mercato azionario, ma offre anche una protezione contro rischi specifici, come crisi locali o settoriali. Questo approccio consente agli investitori di mantenere una certa stabilità finanziaria, evitando di dover liquidare asset a prezzi sfavorevoli durante fasi di volatilità elevata.

"Lungo periodo": ma quanto lungo?

Inoltre, tra le critiche mosse da The Economis, c'è anche quella che molti studi si basano su dati storici statisticamente limitati, spesso risalenti al XIX o XX secolo, che non garantiscono previsioni affidabili per il futuro. Un'analisi di Edward McQuarrie della Santa Clara University, basata su dati dal XVIII secolo, ha evidenziato come le azioni non abbiano sempre superato le obbligazioni, con periodi prolungati in cui è avvenuto il contrario. Sebbene la storia finanziaria possa offrire insegnamenti utili, essa evidenzia anche l’importanza di considerare l’incertezza e i cambiamenti strutturali nel lungo periodo. Come dire, il lungo periodo potrebbe non essere abbastanza lungo per garantire sempre la supremazia delle azioni.

I dati storici    

Indipendentemente dalla scelta se investire al 100% sia una strategia concretamente da seguire, quello che è certo è che i dati storici dimostrano che investire in azioni statunitensi con una prospettiva di lungo periodo ha offerto almeno finora vantaggi significativi. Come dimostra un'analisi di Business Insider, dal 1957, anno di introduzione dell’indice più importante del mercato azionario a stelle e strisce, l'S&P 500, il rendimento annuale medio, inclusi i dividendi, si è attestato a poco più del 10%. Estendendo l'analisi al 1928, utilizzando altri indici di azioni a grande capitalizzazione per il periodo antecedente, il rendimento medio annuo sale all'11,66%. Un esempio illuminante riguarda un investimento di 100 dollari nel 1928: secondo i dati del professor Aswath Damodaran della NYU Stern, al termine del 2023 avrebbe generato un valore di quasi 800.000 dollari.

Le montagne russe di un approccio di breve periodo 

Tuttavia, i rendimenti annuali possono variare significativamente. Ad esempio, negli ultimi 10 anni fino ad agosto 2024, l'S&P 500 ha avuto un rendimento medio annuo del 12,9%, superando la media storica. Ma non mancano anni con risultati negativi: nel periodo della Grande Depressione (1929-1932), l’indice ha registrato perdite consistenti, come il -43,84% del 1931. Nonostante ciò, il mercato ha sempre mostrato la capacità di riprendersi, con guadagni impressionanti come il +49,98% del 1933 o il +46,74% del 1935.

Basta per superare le fasi difficile dei mercati azionari?

Queste oscillazioni ampie degli indici azionari americani evidenziano i rischi legati a investimenti a breve termine, ma sottolineano anche come mantenere gli investimenti azionari nel lungo periodo possa consentire di superare fasi e anni difficili e cogliere le opportunità di crescita di fondo offerte dal mercato azionario Usa, ma ci ricordano anche che la diversificazione resta uno strumento molto potente per gestire la volatilità dei mercati.

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